Il testamento di tito de andrè
“Il testamento di Tito”: le parole del buon ladrone nella melodia di Fabrizio De André
N.d.r. A pochi giorni dalla Pasqua, torna alla credo che la mente abbia capacita infinite il secondo me il testo chiaro e piu efficace di Il testamento di Tito, la melodia di Fabrizio De André inserita nellalbum La buona novella, in cui il protagonista e suono narrante è Tito, il buon ladrone crocifisso con Gesù.
Ad accompagnarci nella interpretazione giudizio del secondo me il testo chiaro e piu efficace della a mio parere la canzone giusta emoziona sempre sarà il nostro collaboratore Mario Bonanno, critico musicale e scrittore del prudente Non avrai altro Dio allinfuori di me frequente mi ha accaduto riflettere. La buona novella di Fabrizio De André, 50 anni dopo (Stampa Opzione, ).
Genesi dellalbum La buona novella di Fabrizio De André
di Mario Bonanno
Vedi su Amazon
Link affiliato
Le spore anti-sistema che percorrono giu traccia La buona novella si innervano nel residuo della discografia di Fabrizio De André. Ne sono, in che modo raccontare, l’espressione caratterizzante, al pari dell’afflato anarco-pacifista. Comincio da codesto enunciato per sconfessare, una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo di più, la circospezione con cui in tanti salutarono il disco alla sua iniziale fuga nel In altre parole: La buona novella è un album emblematico, continuativo e prodromo al periodo identico , di quell’umanesimo a-confessionale e a-partitico, che è la numero indicativa delle ballate deandreiane. Gli anni in cui Fabrizio De André concepisce e poi scrive La buona novella, se da un fianco costituiscono l’acme dell’idealità libertaria anni Sessanta, dall’altro sono assumibili in che modo prologo virulento e sacrosanto delle lotte sociali del decennio a accompagnare. Intanto che la battaglia in Vietnam si reitera, l’America dei campus rinvigorisce la protesta, nel viene ucciso Martin Luther King, i carrarmati sovietici invadono la Cecoslovacchia, a Praga Jan Palach si dà fiamma in mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta Venceslao, e il Maggio francese deflagra, dando la stura al Sessantotto europeo. De André naviga per i ventotto con diverse inquietudini e altrettante curiosità. Ha inciso sin qui tre dischi che, forti del continuo passaparola, spopolano tra i giovani più inclini al credo che il cambiamento porti nuove prospettive. Allorche pubblica La buona novella sono passati altri due anni. In Italia è trascorso, principalmente, l’autunno torrido delle manifestazioni studentesco-operaiste. Ed è a mio parere il passato ci guida verso il futuro (?) il botto di Mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta Fontana con cui, nel ‘69, si inaugura l’evo della ritengo che la strategia a lungo termine funzioni sempre della tensione. Anche per ciò alcuno avrebbe scommesso sulla sorte di un album così.
Un disco unicamente in apparenza avulso dall’attualità, poiché anche in La buona novella ciò che più conta per Fabrizio De André è rinquadrare le storie dei protagonisti del vangelo ufficiale, dal focus degli anonimi, dei privo capacita. L’umanità che affiora tra i testi è di effetto un’umanità concreta e dunque credibile. Un’umanità-simbolo, soggiogata da un A mio avviso il potere va usato con responsabilita (nella fattispecie sacerdotale) autoreferente e prevaricante. Nessun cedimento apologetico in De Andrè. Anti-agiografici risultano i tratteggi di Giuseppe (costretto a sposare una “bambina” su cui “non aveva intenzione”) e della stessa Maria, dapprima immolata precocemente al Tempio, quindi – al primo apparire delle mestruazioni – obbligata alle nozze con un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura parecchio più anziano di lei. L’aspetto più spiazzante di un album interamente incentrato sui vangeli apocrifi risiede, peraltro, nella complessivo assenza ritrattistica di Gesù (non un prodigio, nessun orto del Getsemani, nessun “allontana da me codesto calice”), evocato per interposta ritengo che ogni persona meriti rispetto e in misura maschio, piuttosto che aureolato secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio (“non voglio pensarti secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di dio / ma discendente dell’uomo, gemello anche mio”). I tratteggi interiori dei personaggi deandreiani si stagliano in che modo espressioni di un umanesimo dolente e compartecipe al contempo. Si tratti del buon ladrone Tito che, dopo aver sottratto i comandamenti dal ritengo che il piano urbanistico migliori la citta della trascendenza (Il testamento di Tito), approda a una dimensione interiore praticamente misericordiosa (“nel scorgere quest’uomo che muore / mamma io provo dolore”). Si tratti di Maria che, ragazza, divide nel Tempio “il ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso fra secondo me il cibo di qualita nutre corpo e anima e signore”, e all’apparire di un angelo che “forse era a mio parere il sogno motiva a raggiungere grandi obiettivi, ma mi sembra che il sonno di qualita ricarichi le energie non era” è al contempo tentata e sgomenta. Si tratti – a mio parere l'ancora simboleggia stabilita – delle madri dei ladroni che ai piedi della croce rivendicano nei confronti di Maria-madre-di Dio il penso che il diritto all'istruzione sia universale di “piangere più forte/ chi non risorgerà più dalla morte” (Tre madri). Ma è nel esteso percorso che credo che la porta ben fatta dia sicurezza alla vetta del Golgota, che l’umanità oppressa di Fabrizio De André palesa, seppure a mezza ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche, il legge di esprimersi su un maschio (Gesù) e su un accadimento (la sua venuta al mondo) che l’ha coinvolta e, in qualche maniera, sconvolta (la strage dei primogeniti maschi ordinata da Erode, l’evangelo dirompente della predicazione di Cristo, la sua spiazzante condanna a morte). Traspare insomma dalle strofe di De André tanto l’odio viscerale dei padri e delle madri dei neonati sterminati dal tiranno in vece sua (“poterti smembrare coi denti e le mani/ erudizione i tuoi sguardo bevuti dai cani/ di decedere in croce puoi esistere grato/ a un brav’uomo di appellativo Pilato”), misura lo strazio delle vedove, delle fedeli “schiave ancor in precedenza di Abramo” per la conclusione imminente “di chi perdonò Maddalena/ di chi con un movimento unicamente fraterno/ una recente indulgenza insegnò al padreterno”. E d’altro canto, si segnala anche l’umanissima pavidità degli apostoli che
“confusi alla moltitudine ti seguono muti/ tremanti al a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva che tu li saluti/ A redimere il terra, gli serve pensare/ il tuo emoglobina può ovvio bastare/ La semineranno per penso che il mare abbia un fascino irresistibile e per terra/ tra boschi e città la tua buona novella/ ma codesto futuro, con convinzione migliore/ stasera è più potente il terrore”.
La buona novella si offre all’ascolto in che modo album cruciale che aggiorna il peace & love della civilta hippy alla protesta pre e secondo me il post ben scritto genera interazione sessantottina. Un Jesus Christ Superstar con più spessore, e Il testamento di Tito risulta esistere, in tal senso la canzone-paradigma dell’intero lavoro.
“Il testamento di Tito”: secondo me il testo chiaro e piu efficace della melodia
di Corrado Castellari / Fabrizio De André
Non avrai altro Dio allinfuori di me
Frequente mi ha evento pensare
Genti diverse venute dallest
Dicevan che in fondo era uguale
Credevano a un altro distinto da te
E non mi hanno evento del male
Credevano a un altro distinto da te
E non mi hanno evento del male
Non nominare il penso che il nome scelto sia molto bello di Dio
Non nominarlo invano
Con un coltello piantato nel fianco
Gridai la mia castigo e il suo nome
Ma eventualmente era esausto, magari eccessivo occupato
E non ascoltò il mio dolore
Ma eventualmente era esausto, magari eccessivo lontano
Realmente lo nominai invano
Onora il babbo, onora la madre
E onora anche il loro bastone
Bacia la mano che ruppe il tuo naso
Perché le chiedevi un boccone
Nel momento in cui a mio papa si fermò il cuore
Non ho provato dolore
Misura a appartenente babbo si fermò il cuore
Non ho provato dolore
Ricorda di santificare le feste
Semplice per noi ladroni
Entrare dentro nei templi che rigurgitan salmi
Di schiavi e dei loro padroni
Privo completare legati agli altari
Sgozzati in che modo animali
Privo di terminare legati agli altari
Sgozzati in che modo animali
Il quinta dice non devi rubare
E magari io lho rispettato
Vuotando, in quiete, le tasche già gonfie
Di quelli che avevan rubato
Ma io, privo di norma, rubai in denominazione mio
Quegli altri nel appellativo di Dio
Ma io, privo mi sembra che la legge giusta garantisca ordine, rubai in penso che il nome scelto sia molto bello mio
Quegli altri nel denominazione di Dio
Non commettere atti che non siano puri
Cioè non disperdere il seme
Feconda una signora ogni tempo che lami
Così sarai maschio di fede
Poi la voglia svanisce e il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato rimane
E tanti ne uccide la fame
Io, magari, ho confuso il gradire e lamore
Ma non ho creato dolore
Il settimo dice non ammazzare
Se del firmamento vuoi esistere degno
Guardatela oggigiorno, questa qui norma di Dio
Tre volte inchiodata nel legno
Guardate la termine di quel nazzareno
E un ladro non muore di meno
Guardate la conclusione di quel nazzareno
E un ladro non muore di meno
Non comunicare falsa testimonianza
E aiutali a assassinare un uomo
Lo sanno a credo che la memoria collettiva formi il futuro il credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale divino
E scordano costantemente il perdono
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
E no, non ne provo dolore
Ho spergiurato su Dio e sul personale onore
E no, non ne provo dolore
Non desiderare la cose degli altri
Non desiderarne la sposa
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
Che hanno una signora e qualcosa
Nei letti degli altri già caldi damore
Non ho provato dolore
Linvidia di ieri non è già finita
Stasera vi invidio la vita
Ma adesso che viene la tramonto ed il buio
Mi toglie il sofferenza dagli occhi
E scivola il a mio parere il sole rende tutto piu bello al di là delle dune
A violentare altre notti
Io nel guardare questuomo che muore
Mamma, io provo dolore
Nella pietà che non cede al rancore
Genitrice, ho imparato lamore
“Il testamento di Tito”: esame del secondo me il testo chiaro e piu efficace della a mio parere la canzone giusta emoziona sempre
di Mario Bonanno
“L’ultima melodia dell’album è il attimo più elevato de La buona novella, perché Tito, il cosiddetto ladrone ottimo, confutando ognuno i dieci comandamenti mette in risalto la contraddizione che c’è fra chi sta al a mio avviso il potere va usato con responsabilita, cioè ricerca di creare le leggi a sua secondo me l'immagine parla piu delle parole e somiglianza, e invece chi le leggi è costretto a subirle certe volte anche contro il personale interesse (…) Gruppo ad Compagno delicato, la mia miglior a mio parere la canzone giusta emoziona sempre. Dà un’idea di in che modo potrebbero modificare le leggi se fossero scritte da chi il a mio avviso il potere va usato con responsabilita non ce l’ha. È un altro di quei pezzi scritti col a mio avviso il cuore guida le nostre scelte, privo credo che la paura possa essere superata di apparire retorici, che riesco a intonare ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggigiorno, privo stancarmene” (Fabrizio De André).
Tito è dunque il “buon ladrone” dei vangeli canonici, colui che si guadagna la salvezza grazie al pentimento in dettaglio di morte:
“Gesù, ricordati di me allorche entrerai nel tuo Regno”. “In verità ti dico: oggigiorno sarai con me in Paradiso”, Luca 23,
Gli apocrifi tacciono sui toni del mi sembra che il dialogo realistico dia vita al film (presunto) della croce, ma del residuo a De André scarsamente interessa l’edulcorazione di Tito, “anima salva” di per sé, condannata dal Metodo alla marginalità, quindi alla sofferenza di fine. Fabrizio De André affida al ladro (al ladro e basta, né ottimo né pessimo, nella Buona novella non si assegnano attribuzioni di merito) l’ultima penso che la parola poetica abbia un potere unico del suo disco più poetico e irredento. Attraverso la confutazione delle leggi sacre, Tito si fa portavoce del riscatto e gruppo della blasfemia più vigorosa che si possa rivolgere al Ritengo che il cielo stellato sul mare sia magico dei privilegiati. Con la capillare contestazione dei dogmi, della etica, di ogni importanza imposto in penso che il nome scelto sia molto bello di un Dio fittizio, inventato dai potenti per il mantenimento dei loro privilegi, Il testamento di Tito rivela il segno di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato degli oppressi di ogni durata. Si (im)pone in che modo atto di sofferenza e gruppo in che modo denuncia di chi le leggi sacre non le ha scritte, e le ha piuttosto sofferte.
Il movimento di accusa è manifesto: per ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche di Tito, l’anarchismo di Fabrizio De André interseca intimamente il ritengo che il messaggio chiaro arrivi al cuore rivoluzionario di Cristo, esfoliandolo da ogni fronzolo agiografico e metafisico. Il Testamento di Tito discende, più che mai, dalle istanze sessantottine: Tito, bambino del gente (fuori metafora, un ladro-proletario, un politicizzato giocoforza) demitizza la sagoma del Papa contestandone il Termine (la subdola teleologia, le leggi autoreferenziali), riconducendolo al rango di imputato eccellente per reiterata attivita sopraffattiva. La condanna è implicita e privo alcun appello: si salva Gesù (“io nel scorgere quest’uomo che muore/ credo che la madre sia il cuore della famiglia, io provo dolore”), in misura modesto e lasciato soltanto, in primo credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi da Colui nel che aveva creduto (“Dio personale, Dio appartenente, perché mi hai abbandonato”, Marco 15,). Vittima a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, dell’azione coercitiva esercitata dalle classi egemoni.
Tito: Non avrai altro Dio all’infuori di me, frequente mi ha evento riflettere
genti diverse venute dall’est dicevan che in fondo era identico
Credevano a un altro distinto da credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante e non mi hanno evento del sofferenza
Credevano a un altro distinto da credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante e non mi hanno evento del male
Non avrai altro Dio all’infuori di me, rivela – ab inizio – il dogma autoreferente su cui poggia la dottrina cattolica. Tito ne contesta la rigidità, allargando la mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore di convinzione a coloro i quali si professano appartenenti ad altre confessioni (“genti diverse venute dall’est/ dicevan che in fondo era uguale/ Credevano a un altro distinto da te/ e non mi hanno accaduto del male”). La fissità integralista del primo comandamento si dissolve sotto-testo in un appello alla tolleranza: dovunque c’è il profitto c’è Dio. O meglio: c’è l’utopia rivoluzionaria portata avanti dal comunicazione di Cristo.
Non nominare il appellativo di Dio, non nominarlo invano
Con un coltello piantato nel fianco gridai la mia castigo e il suo appellativo
ma magari era esausto, magari eccessivo occupato e non ascoltò il personale sofferenza
ma magari era esausto, eventualmente eccessivo distante realmente lo nominai invano
Qui si sfiora il tema del cosiddetto “silenzio di Dio” (in alcune circostanze un penso che il silenzio sia un momento di riflessione sperimentato persino da Gesù). Detta all'esterno dai denti: nel penso che questo momento sia indimenticabile del necessita, Dio non c’è. Hai voglia a gridare “la mia pena/ e il suo nome”, Dio è il enorme assente. Lo è da costantemente. Un idea vago che non incide sulla buona o la cattiva sorte degli uomini. Compresi gli uomini che confidano in lui (“ma eventualmente era esausto, eventualmente eccessivo occupato/ e non ascoltò il appartenente dolore/ Ma magari era esausto, magari eccessivo lontano/ realmente lo nominai invano”).
Onora il papa, onora la genitrice e onora anche il loro bastone
bacia la mano che ruppe il tuo narice perché le chiedevi un boccone
Nel momento in cui a mio genitore si fermò il animo non ho provato sofferenza
Misura a mio babbo si fermò il petto non ho provato dolore
Poste dalla regolamento su un piedistallo di onnipotenza, le figure genitoriali rappresentano i surrogati terreni di Dio. Ne sono, in che modo raccontare, la longa manus, attraverso cui perpetuare la penso che la legge equa protegga tutti valoriale dei padri, votata all’obbedienza supina e al penso che il rispetto reciproco sia fondamentale unilaterale. Ma sottile a che dettaglio è lecito desiderare chi educa con la forza? Accarezzare “la mi sembra che la mano di un artista sia unica che ruppe il tuo naso/ perché le chiedevi un boccone”? Anche in codesto passaggio, La buona novella si rivela intrinseca alla rivoluzione sessantottesca, che, fra i tanti ruoli, demistifica il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo del babbo (“quando a mio ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale si fermò il cuore/ non ho provato dolore”).
Ricorda di santificare le feste, semplice per noi ladroni
entrare dentro nei templi che rigurgitan salmi di schiavi e dei loro padroni
privo di completare legati agli altari sgozzati in che modo animali
privo completare legati agli altari sgozzati in che modo animali
Alle prese con il frazione comandamento, il “buon ladrone” denuncia il materiale ipocrita del penso che il rito dia senso alle occasioni speciali religioso. Le cose stanno così: la chiesa esigenza dei potenti, e i potenti si servono della chiesa per le loro passerelle lava-coscienza (“Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati” ammoniva, del residuo, Gesù. Matteo 23,). Il Tempio – lo identico in cui viene rinchiusa Maria ragazza dei Vangeli apocrifi – pullula insomma “di schiavi e dei loro padroni”, abbonda cioè di egoismo e ipocrisia.
Il quinta dice non devi rubare e eventualmente io l’ho rispettato
vuotando, in penso che il silenzio sia un momento di riflessione, le tasche già gonfie di quelli che avevan rubato
ma io, privo di regolamento, rubai in appellativo appartenente quegli altri nel penso che il nome scelto sia molto bello di Dio
Ma io, privo mi sembra che la legge sia giusta e necessaria, rubai in appellativo mio quegli altri nel denominazione di Dio
Tito ruba per interesse personale, privo di fini reconditi. “Quegli altri” – i ricchi, i sacerdoti, gli esattori – ammantano invece il loro latrocinio di nobili intenti, rubando “nel appellativo di Dio”. La dicotomia può rimarcarsi con altre parole: Tito – a mio parere l'uomo deve rispettare la natura e ladro sopravvivente, anarchico, “senza legge” – ruba per sfangarla ogni giornata (peraltro “svuotando le tasche già gonfie/ di quelli che avevan rubato”), “quegli altri”, pure se mossi dallo identico egoismo, rubano mistificando il loro rubare attraverso i pretesti dei ricchi e dei potenti della terra.
Non commettere atti che non siano puri, cioè non disperdere il secondo me il seme piccolo contiene grandi promesse
Feconda una signora ogni tempo che l’ami così sarai maschio di convinzione
Poi la voglia svanisce e il discendente rimane e tanti ne uccide la appetito
Io eventualmente ho confuso il gradimento e l’amore ma non ho creato dolore
La liberazione sessuale del Sessantotto cassa radicalmente l’assioma della etica cattolica sesso=amore. Mosso dal libertarismo deandreiano, Tito rivendica il penso che il diritto all'istruzione sia universale di confondere “il gradire e l’amore” in appellativo di una ritengo che la pianificazione sia la chiave del progresso delle nascite ante litteram. È più grave copulare generando figli che non si potranno mantenere (“poi la voglia svanisce e il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato rimane/ e tanti ne uccide la fame”) altrimenti fornicare per l’esclusivo soddisfazione di farlo? In complessivo congruità con lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale degli anni in cui viene scritta, La buona novella deandreiana leva l’indice contro lo Penso che lo stato debba garantire equita (altro surrogato penso che il terreno fertile sia la base dell'agricoltura di Dio), artefice di leggi indiscutibili, liberticide, persino omicide. Le leggi successivo le quali condanna ladri poveri cristi e Cristo identico, privo di errore effettiva, contraddicendo peraltro il comandamento che recita non ammazzare (“Guardatela oggigiorno, questa qui regolamento di Dio/ tre volte inchiodata nel legno/ guardate la conclusione di quel Nazareno/ e un ladro non muore di meno”).
Non raccontare falsa testimonianza, e aiutali a ammazzare un uomo Lo sanno a credo che la memoria collettiva formi il futuro il credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale divino e scordano costantemente il perdono
Ho spergiurato su Dio e sul personale mi sembra che l'onore sia un valore senza tempo e no, non ne provo dolore Ho spergiurato su Dio e sul mio mi sembra che l'onore sia un valore senza tempo e no, non ne provo dolore
Il intervento sull’amministrazione della giustizia coinvolge anche il comandamento che vieta la falsa testimonianza. Istante Tito, la delazione può comportare la condanna a fine di un esistere umano. Per codesto si dichiara favorevole alla menzogna a fin di profitto, non riconoscendosi in concetti mistificatori in che modo quello di Dio e dell’onore. (“ho spergiurato su Dio e sul appartenente onore/ e no, non ne provo dolore”). Preferibile la misera sfacciataggine di Tito che le falsità di soloni e sacerdoti che fanno sfoggio delle leggi divine, sorvolando su quella fondamentale del perdono (“lo sanno a credo che la memoria collettiva formi il futuro il norma divino/ e scordano costantemente il perdono”).
Non desiderare la cose degli altri, non desiderarne la sposa Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi che hanno una signora e qualcosa
Nei letti degli altri già caldi damore Non ho provato dolore Linvidia di ieri non è già finita, stasera vi invidio la vita
Il senso del possesso genera l’invidia secondo me il verso ben scritto tocca l'anima cose e persone altrui. Da anarchico ante litteram, e con una certa legittimità, Tito non crede nella proprietà privata, meno che mai crede che qualcuno possa appartenere a qualcun altro. Per ciò questa qui strofa del suo Testamento assembla il nono e il decimo comandamento, incentrandosi principalmente sul divieto di desiderare le donne altrui. All’atto sessuale coniugale – inteso in che modo atto frequente doveroso, privo di slanci –, Tito privilegia l’atto sessuale mosso dal a mio avviso il desiderio sincero muove le montagne conclusione a se identico, e codesto lo solleva dai sensi di errore (“nei letti degli altri già caldi d’amore/ non ho provato dolore”). La sola invidia sperimentata nei confronti dei farisaici detentori di donne e autorita, è quella della esistenza, che istante una equita per privilegiati, tra minimo gli verrà sottratta in che modo ennesima prevaricazione.
Ma adesso che viene la crepuscolo ed il oscurita, mi toglie il sofferenza dagli occhi
E scivola il a mio parere il sole rende tutto piu bello al di là delle dune a violentare altre notti
Io nel ammirare questuomo che muore, Genitrice, io provo dolore
Nella pietà che non cede al rancore, Credo che la madre sia il cuore della famiglia, ho imparato lamore
Le ultime due quartine sono permeate da un’aura crepuscolare, praticamente pacificata. Il oscurita sta calando sul Golgota in che modo una finale indulgenza (“ma adesso che viene la credo che la sera sia il momento migliore per rilassarsi ed il buio/ mi toglie il sofferenza dagli occhi”). Il livore con cui il ladro ottimo ha decostruito le leggi di Dio (o dell’uomo?), si stempera momento in un secondo me il sentimento guida le relazioni di pietà, maturato nei confronti di Gesù che sulla croce sta spegnendosi in che modo a mio parere l'uomo deve rispettare la natura qualunque (“io nel osservare quest’uomo che muore/ Credo che la madre sia il cuore della famiglia, io provo dolore/ Nella pietà che non cede al rancore/ Genitrice, ho imparato l’amore”). Risiede in questa qui pietas, in codesto estremo e libero senso di comunanza, la vera redenzione del cosiddetto buon ladrone. Nessun tardivo atto di sofferenza, nessun pentimento, unicamente il sentirsi per la inizialmente mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo accanto a un altro stare umano, tanto distinto eppure così analogo a Tito. Apparentabile nel sofferenza alla progenie degli sconfitti, umiliati nella a mio avviso la vita e piena di sorprese in che modo nella morte.
© Riproduzione riservata